MENU ×
La guerra che mi porto dietro fin dall'infanzia

La guerra che mi porto dietro fin dall'infanzia

La guerra che mi porto dietro fin dall’infanzia

Una carissima amica, mi raccontava oggi della sua bambina di otto anni, che assistendo in tv ad alcune scene della scellerata guerra, piangendo, mormorava: “Non ho paura del covid, ma della guerra sì”. La memoria è qualcosa di prodigioso. Eventi della vita che hanno avuto un particolare impatto in età infantile possono rimanere vivi, scolpiti, incancellabili, nei minimi particolari nella memoria.

Avevo cinque anni ed eravamo in piena seconda guerra mondiale. Era quasi l’una del pomeriggio quando risuonarono le sirene d’allarme. Poco dopo, la parte centrale di via Etnea, a Catania, iniziò ad essere bombardata. Ricordo le orrende deflagrazioni, le grida di spavento, le preghiere che biascicavamo, rintanati e abbracciati sotto il massiccio tavolo da pranzo, io e mia sorella di undici anni. Uno scoppio assordante, le schegge impazzite dei vetri, le pareti che crollavano, le urla, la polvere, tanta polvere, i nostri genitori che urlavano terrorizzati i nostri nomi. Eravamo vivi, ma intrappolati tra le macerie. Poi l’arrivo dei soccorsi, la difficoltà di trovare una via d’uscita. Un vigile del fuoco che mi prende in braccio, scende lungo una scala di legno approntata all’esterno, l’agghiacciante visione di un sole sporco di polvere, la mano della mamma sui miei occhi perché non vedessi le terribili conseguenze del bombardamento. Ma avevo avuto il tempo di vedere: corpi smembrati e macerie ovunque. Poi lo sfollamento di tutta la famiglia in più posti, fino alla fine del conflitto.

Perché ho voluto narrare l’orribile esperienza?  Per sottolineare, da parte di chi la tragedia della guerra l’ha vissuta, il dramma che questa può rappresentare per un bambino. Si cresce, si può fare carriera, si può diventare qualcuno nella società, ma quel dramma lo si porta sempre dentro.
La guerra è quanto di più spregevole ed esecrabile che si possa vivere. E non posso che piangere per quei bambini che in Ucraina la stanno vivendo, come non posso che piangere per chi, da entrambi le parti, ci lascia la vita.

In molti, oggi, nelle comode poltrone delle loro case pontificano. Ma la maggior parte non ha mai vissuto una guerra, se non attraverso il televisore o i libri di storia. E si sfornano opinioni su opinioni, il mondo si divide in chi è favorevole all’invio di armi e chi non lo è perché teme che ciò significhi ancora più dolore e morti. C’è chi conosce la storia dei due Paesi e chi non la conosce affatto, chi dà colpe all’Europa occidentale di essere stata di poche vedute e chi la assolve, chi mostra i muscoli e chi invece crede si debba essere tutti uniti nella ricerca della pace. Io la penso al secondo modo, ma la storia insegna che l’uomo è sempre pronto a dividersi, a contrastare chi la pensa diversamente.