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IL CASO MORO,  LO SCENEGGIATO E L’OCCASIONE PERSA

IL CASO MORO, LO SCENEGGIATO E L’OCCASIONE PERSA

 Carissimi amici,

dopo aver visto su Rai 1 l’ultima puntata delle tre di “Esterno Notte”, ho avuto la risposta a quanto asserito dalla figlia del presidente della DC Aldo Moro, assassinato 44 anni fa dalle Brigate Rosse. Cosa ha detto? “O si decide che siamo personaggi storici, e allora si rispetta la storia, o si decide che siamo personaggi privati e allora ci si lascia in pace". Ed ha concluso: "È già vergognoso infischiarsene del dolore altrui ed è doppiamente vile usarlo per fare affari”. La Rai e il regista Bellocchio, interpellati dall'Agenzia Giornalistica Italia, che ha raccolto lo sfogo della Moro, hanno preferito non commentare.
A protestare anche Stefano Andreotti, lamentando il fatto che nello sceneggiato si vuole far passare la figura del padre, al tempo presidente del Consiglio dei Ministri, come il colpevole della morte dell’onorevole Moro. Proteste anche sulla visione data di Francesco Cossiga, allora ministro dell’interno. Di fatto, non credo sia stato felice dare fatti del tutto personali di colui che fu Presidente della Repubblica. Non credo che ai telespettatori interessasse molto se Cossiga si sentisse solo e abbandonato dalla famiglia, in una scena, tra l’altro, non delle migliori.
Bellocchio, penso, per pararsi in anticipo dalle critiche mette alla fine di ogni puntata la scritta che i fatti narrati sono di libera interpretazione degli autori. Si ammette così la possibilità che il lavoro possa non essere del tutto adente alla realtà. Una precisazione che mi pare del tutto corretta.
Di fatto, non mancano riferimenti alla verità, ma ne mancano altri, importanti, che gettano la vera luce su quanto accaduto. Secondo me, si è persa un’occasione. Si poteva “scavare” nei personaggi, ma anche inserire parti determinanti. Ho avuto la sensazione che si avesse fretta di chiudere il tutto in tre puntate. Di grande effetto la scena del Moro-Cristo, in cui si rispecchia tutta la sofferenza che visse quell’uomo, che fu lasciato morire.

Sul delitto Moro ho lavorato, anni fa, onde cercare di dare una ricostruzione, più documentata possibile, della vicenda, legandola anche all’uccisione del Presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy. Una parte di tale lavoro, rispolverato in occasione del quarantesimo anniversario dell’uccisione a Palermo del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, espone la connessione tra il delitto Moro, di Dalla Chiesa e del giornalista Mino Pecorelli. In molti sapevano dove effettivamente era tenuto prigioniero il presidente della DC (è possibile leggerla nelle due puntate, che ho pubblicato su questo blog, dal titolo “Il generale che sapeva troppo”). Eppure nello sceneggiato non se ne parla. Mi domando il perché. Gli autori non ne erano a conoscenza? Come non lo erano sugli sforzi fatti da altri servizi stranieri, citando solo un americano, che fa di certo una bella figura?
Lasciando perdere gli errori (nello sceneggiato ce ne sono parecchi dei quali è impossibile accorgersi se non si conosce la realtà dei fatti), l’opera di Bellocchio ha il merito di avere proposto una vicenda di 44 anni fa, che i giovani magari non conoscevano o conoscono poco. Eppure è un pezzo di storia italiana.

Cari amici, se vi va di conoscere la verità, non bella per il nostro Paese, sul caso Moro, sulle sue implicazioni, sui giochi politici, sul fatto che del rapimento si sapeva diversi giorni prima che avvenisse, che qualcuno perse la vita perché sapeva, ci diamo appuntamento a domani.

Un saluto a tutti.