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CASTELLITTO STREPITOSO: IL NOSTRO GENERALE

CASTELLITTO STREPITOSO: IL NOSTRO GENERALE

Strepitoso Sergio Castellitto nel ruolo del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa nello sceneggiato “Il nostro generale”. Ben costruite le puntate andate in onda su Rai1 (l’ultima ieri), un racconto che finalmente offre ai giovani uno spaccato dell’Italia degli anni Settanta e Ottanta e la lotta al terrorismo delle Brigate Rosse che tanto sangue sparsero per le strade d’Italia.

Correttissima la precisazione che esponenti della mafia uccisero Dalla Chiesa perché glielo avevano chiesto “altri”. Come ho scritto nei miei post sul “Generale che sapeva troppo” e nel mio libro “L’Italia degli inganni”, la mafia non aveva alcun interesse ad ammazzare il generale, lasciato solo e senza quei poteri che gli erano stati promessi, E lo sceneggiato tratta in modo mirabile questa solitudine.

Poiché nell’ultima puntata della serie si fa cenno alla iscrizione alla loggia massonica P2 del generale Dalla Chiesa, va precisato che non formalizzò mai la sua iscrizione, su invito di un altro generale firmò la domanda, ma tutto si fermò lì, forse Dalla Chiesa capì che qualcosa in quella loggia non andava. A capo di questo potente gruppo “coperto” era Licio Gelli (nominato nello sceneggiato). Per chi non ha vissuto quegli anni e desidera conoscere qualcosa su questa loggia, sui suoi tentacoli sulla società del tempo, penso opportuno farne cenno. 

Indubbio il rapporto tra Gladio (struttura segreta con base a Capo Marrargiu in Sardegna (costituito con denaro dell’americana CIA, affidata ai servizi segreti italiani allo scopo di preparare sabotatori e addestrare uomini alla guerriglia, nel caso di pericolo comunista)

e la loggia massonica P2, guidata dal gran maestro Licio Gelli, della quale facevano parte i generali Vito Miceli, Giuseppe Santovito, Gianadelio Maletti e Pietro Musumeci, tutti ai vertici dei servizi segreti.

Nara Lazzerini, segretaria di Gelli, rivelò al pubblico ministero, Libero Mancuso, che si occupava della strage di Bologna, che il capo della P2, quando era in Italia, si recava settimanalmente a Palermo. Cosa andava a fare il Gran Maestro ripetutamente in Sicilia? 

Sempre secondo le rivelazioni della Lazzerini, Gelli era in rapporti con politici del calibro del sette volte presidente del Consiglio dei ministri, Giulio Andreotti e Francesco Cossiga. E c’è anche la testimonianza di uno dei portieri dell’Hotel Excelsior di Roma, nella seconda metà degli anni Settanta, dove il venerabile maestro aveva il suo ufficio, di aver visto tra i frequentatori di Gelli oltre a Giulio Andreotti e Cossiga, anche Amintore Fanfani, e Bettino Craxì. Il che vuol dire tutto e niente. A frequentare Gelli, una pletora di altri politici, militari, giornalisti, banchieri, alti funzionari dello Stato. 

Gelli, aveva aderito alla Repubblica di Salò. A Pistoia aveva costituito il fascio repubblicano. Divenuto ufficiale di collegamento con le SS, partecipò attivamente al rastrellamento di prigionieri inglesi e antifascisti. Sempre in quel periodo, fece arrestare il parroco di San Biagio in Cascheri che, secondo la sua denuncia, aveva favorito alcuni antifascisti. Fu anche a capo delle squadre che davano la caccia ai renitenti alla leva e complice dell’arresto di quattro di loro che vennero fucilati nella fortezza di Pistoia. Sottoposto a processo penale, venne salvato dall’amnistia. Imputato in un sequestro di persona venne assolto. Di fatto, Gelli è riuscito sempre a cavarsela. Di quante protezioni godeva il futuro venerabile della loggia P2?  Il questore Emilio Santillo aveva stilato un rapporto sulla pericolosità della P2 e di Gelli e le sue investigazioni gli costarono il posto a capo del Sisde, alla cui guida gli fu preferito il generale Giulio Grassini, naturalmente affiliato alla loggia P2. Si legge nella relazione della Commissione parlamentare Anselmi sulla P2: «Il questore Santillo fornisce una serie di documenti che danno precise informazioni su Gelli e sulla Loggia Propaganda 2 e che segnano una mirata attenzione investigativa, in netto e stridente contrasto con la invero disattenzione dei Servizi segreti nei confronti di Licio Gelli e della sua organizzazione. Possiamo quindi affermare, come dato di tutta evidenza, l’esistenza di una sorta di cordone sanitario informativo posto dai Servizi a tutela e salvaguardia del Gelli».

Questa è la storia, non edificante, ma penso che il passato di una nazione debba essere conosciuto dai giovani, la speranza di un Paese, perché non si ripeta.

Un saluto a tutti.